domenica 5 novembre 2017

L'effetto mareale

La forza di gravità diminuisce all’aumentare della distanza dal centro di massa del corpo – dal comune centro di massa dei corpi – e qualsiasi oggetto è attratto con una intensità diversa ai due estremi della sua estensione nella direzione della congiungente. La conseguenza è che sulla Terra un corpo subisce una sorta di stiramento dovuto al differente valore della gravità esercitata nella sua parte più vicina rispetto a quella più lontana. È evidente che se l’altezza o il diametro del corpo è trascurabile rispetto al raggio terrestre questo allungamento risulta essere impercettibile ma, per campi gravitazionali particolarmente intensi e/o dimensioni non insignificanti, tale situazione, definita effetto mareale, dovuta appunto alla differente distanza della superficie dei corpi dal centro di massa, deve essere considerata.
  L’attrazione gravitazionale tra la Terra e la Luna che vale  1,98*1020 Newton corrispondente ad un peso, sulla superficie della Terra, di  1,98*1020 Newton/9,8 ms-2= 2,02*1019 kg. [1]
 Esasperando il concetto possiamo calcolare la differenza che esiste ai due estremi della Luna ipotizzando dapprima la sua massa come tutta posizionata nella parte più vicina e successivamente quella più lontana rispetto alla Terra. La differenza risulta essere pari ad una trazione di 731.185 miliardi di tonnellate. [2]
  La parte della Luna più vicina alla Terra è attratta dunque più intensamente della parte più lontana perché più vicina al centro di massa del sistema; questo fatto determina uno stiramento nella forma della Luna rendendola più simile ad un ellisse con il semiasse maggiore rivolto verso la Terra. Ma oltre a mostrare un rigonfiamento proprio nel diametro verso la Terra la diversa intensità con la quale la Luna è attratta la costringe anche a rivolgerci sempre la stessa faccia. [3]
  Naturalmente l’effetto mareale vale anche in senso opposto e la Terra sente la differente forza gravitazionale esercitata dalla Luna sulla sua massa liquida – che è la parte più soggetta a deformazione – e l’acqua degli oceani (ma non solo quella), assecondando questo effetto, si sposta in modo apprezzabile verso la parte più vicina alla Luna. È comunque il moto rotatorio della Terra che consente di avere, sulle coste, un innalzamento e un abbassamento del livello del mare (in realtà le maree degli oceani terrestri sono influenzate dalla posizione Terra-Luna-Sole).
  Una semplice relazione calcola direttamente la forza esercita dall’effetto di marea considerando la massa e la distanza tra due corpi ma anche le loro dimensioni, ovvero il rapporto tra l’estensione del corpo e la distanza dal centro di massa:

F = (4GmMr)/d3

con G la costante gravitazionale, m la massa del corpo che subisce l’effetto mareale, M la massa del corpo che determina l’effetto mareale, r il raggio del corpo che subisce l’effetto mareale e d la distanza dal centro di massa.[4]
  Per la Luna otteniamo un valore di 731.066 miliardi di tonnellate, confrontabile con quello calcolato precedentemente. È lecito allora chiedersi fino a che punto la Luna sopporterebbe l’azione differenziata della forza gravitazionale terrestre; in altre parole, la Luna, prima di arrivare a contatto con la superficie terrestre, si frantumerebbe? Questo limite è stato calcolato; un satellite deve mantenere un’orbita di almeno 2,44 volte il raggio del pianeta attorno al quale gravita per evitare l’azione irreversibile dell’effetto mareale.[5]
  Ecco la distanza minima, detto limite di Roche (A.E. Roche, 1849-1850),  al di sotto del quale le forze di marea disintegrano un corpo satellite vincendo le forze elettromagnetiche di coesione (gli anelli di saturno non riescono a fondersi in un unico satellite proprio perché al di sotto del limite di Roche).


  Le conseguenze distruttive dell’effetto di marea potrebbero essere subite anche da oggetti da limitate dimensioni che si avvicinano a corpi di piccolo diametro ma con grande massa quale le stelle di neutroni. La differente accelerazione gravitazionale sugli estremi di un piccolo corpo (come un’astronave o, ancor peggio, un uomo) sarebbero comunque irreparabili.
  Verifichiamo  gli  effetti  mareali  su  un  uomo  alto  2  m  e  del  peso  di  100 kg  posto, rispettivamente, sulla superficie della Terra, sulla superficie del Sole e sulla superficie di una stella di neutroni. [6]
  L’uomo sarebbe soggetto ad uno stiramento, ad una forza, di 0,063 g sulla Terra, di 0,016 g  sulla superficie del Sole (circa ¼ di quella sulla terra) e di oltre 35.000 miliardi di kg su una stella di neutroni.
  Ad una distanza di 17.200 m dalla stella di neutroni, distanza del limite di Roche, la forza mareale esercitata su un uomo sarebbe circa 869 miliardi di kg mentre, ad una distanza 200 volte superiore (3.440 km) la differente trazione tra le due estremità dell’uomo sarebbe solo di circa 109.000 kg.
È evidente che, nell’immensità del cosmo, la forza mareale gioca un ruolo determinante e le stelle o gli oggetti che transitano troppo vicino ad intensi corpi gravitazionali possono stirarsi a tal punto da sfarinarsi (effetti osservabili delle forze di marea da parte della nostra galassia si hanno nella zona della Grande Nube di Magellano).
Torniamo agli effetti delle maree sul sistema Terra-Luna. Il nostro pianeta ruota sul proprio asse in un giorno mentre il nostro satellite ruota attorno alla Terra in quasi 28 giorni. La Luna esercita un’azione frenante sulla Terra che, di contro, tende ad aumentare la velocità orbitale della Luna. Da un lato le masse oceaniche in movimento creano attrito e, soprattutto, creano una protuberanza sulla quale il nostro satellite esercita una maggior attrazione causando un’ulteriore azione di freno rallentando la rotazione terrestre ma, dall’altro, la maggior velocità di rotazione della Terra e lo spostamento della massa dell’acqua oceanica tendono a far aumentare la velocità di rivoluzione del nostro satellite che, per mantenere costante il valore del momento angolare Terra-Luna, è costretta ad aumentare il diametro della sua orbita. [7]
La prima conseguenza è dunque il rallentamento della rotazione terrestre sul proprio asse. Ne segue che la durata di un giorno, diversi milioni di anni fa, doveva essere sensibilmente più breve. L’allungamento dei giorni è di 2 millesimi di secondo al secolo e possiamo calcolare – ipotizzando una decelerazione lineare – nell’arco di 100 milioni di anni, un rallentato più di mezz’ora nell’arco delle 24 ore e un numero di 374 giorni per anno.[8]
Lo studio dei fossili di corallo con 400 milioni di anni di età (periodo Devoniano) sembra confermare tale rallentamento. In modo del tutto simile a quanto accade per gli alberi anche nei coralli è possibile rilevare dei cerchi riferiti alla crescita annuale. Sottili sporgenze di 50 micron all’interno dei cicli annuali potrebbero rappresentare le linee di crescita giornaliere depositate durante l’attività diurna dei coralli e, quindi, il loro conteggio indicherebbe il numero di giorni nell’anno al tempo in cui il corallo era vivo. Mentre oggi si contano 365 fasce (striature) nei fossili ritrovati se ne contano 400: il giorno durava cioè circa 22 ore (J. Wells, 1963) con un numero di 402 giorni per anno. [9]
  La seconda conseguenza dell’interazione Terra-Luna e che la Luna si allontana di 3,8 cm all’anno dalla Terra. [10]
  In linea teorica questa situazione si stabilizzerà quando tale distanza aumenterà di 100.000 km rispetto ad ora, il giorno terrestre coinciderà cioè con una lunazione e la sua durata sarà come 47 giorni attuali. Ma il tempo non sarà sufficiente perché ciò avvenga: il Sole, nella sua fase conclusiva, con una dimensione tale da inglobare la Terra l’avrà già incenerita.
  Questo per il futuro ma, di contro, andando a ritroso nel tempo, se la Luna allontana significa che un tempo era più vicina alla Terra e la sua orbita doveva essere compiuta in un numero di giorni inferiori a quelli attuali. Ancora ci vengono in aiuto le conchiglie fossili, in questo caso del Nautilus pompilius, e di 420 milioni di anni (periodo Siluriano). Tali conchiglie presentano 9 righe di accrescimento contro le 29 attuali e corrisponderebbero ai giorni di lunazione con una distanza del nostro satellite di 182.000 km (P. Kahn, S.M. Pompea, 1978). [11]




[1] La distanza della Luna dal centro di massa è di 384.400.000 m, la massa della Terra è 5,97*1024 kg e la massa della Luna è 7,35*1022 kg. Tali valori rendono possibile calcolare la forza esercitata tra la Terra e la Luna.
[2] Considerando che il raggio della Luna è 3.475.000 m, la posizione più vicino risulta avere una forza di 2,0176*1020 N mentre la parte più lontana esprime una forza di 1,946*1020 N. La differenza risulta essere di 7,1656*1018 N, cioè 731.185 miliardi di tonnellate!
[3] È questo un tipico esempio di rotazione sincrona dove il tempo del periodo di rotazione equivale al tempo del periodo di rivoluzione.
[4] Il raggio della Luna è 0,009 volte la distanza dal centro di massa (3.475.000 m / 384.400.000 m). Raddoppiando la distanza Terra-Luna gli effetti di marea risultano diminuiti di 1/(2)2 poiché la forza gravitazionale diminuisce con il quadrato della distanza, ma risultano ancora dimezzati a seguito del nuovo rapporto del raggio della Luna rispetto alla distanza dal centro di massa che risulta essere la metà  (3.475.000 m / 768.800.000 m = 0,045) rispetto al valore iniziale di 0,009. La distanza ha quindi permesso di diminuire di (1/(2)2)/(2) ovvero 1/(2)3 l’effetto marea. Similmente, dimezzando la distanza, l’effetto marea aumenterebbe di (2)3 volte.
[5] Posto che i due corpi abbiano la stessa densità. Il coefficiente di moltiplicazione, da aggiungere, nel caso di diversa densità è la radice cubica del rapporto tra la densità del pianeta e quella del satellite (3√dp/ds con dp densità del pianeta e ds densità del satellite). 
[6] Il raggio e la massa della Terra, del Sole e di una stella di neutroni sono, rispettivamente, 6.371.000 m e 5,97*1024 kg,  695.700.000 m e 1,98*1030 kg, 5.000 m e 5,97*1030 kg.
[7] Oltre alle maree, altri effetti contribuiscono al rallentamento della rotazione terrestre quali, ad esempio, i grandi terremoti, la differente distribuzione delle masse nel nucleo interno – che ruota a velocità diversa rispetto al resto del pianeta –, la fusione dei ghiacciai e la deriva dei continentali; anche l’acqua raccolta nelle grandi dighe potrebbero influenzare il rallentamento della rotazione terrestre.
[8] Il rallentamento per anno è 0,002/100 cioè 0,00002 secondi che moltiplicato per 100.000.000 anni produce 2.000 secondi, 33,33 minuti cioè 0,556 ore. Il giorno durava 24-0,556 = 23,444 ore e il numero di giorni in un anno è definito dalle ore in un anno diviso le ore in un giorno:  8.760/23,44 = 374.
[9] In modo continuativo ma irregolare la velocità di rotazione della Terra diminuisce nel tempo. La durata di un secondo degli orologi atomici corrisponde al numero di oscillazioni, alla frequenza (di 9.192.631.770 Hz), della radiazione emessa, in particolari condizioni, nella transizione tra due livelli energetici dell’atomo di Cesio (133Cs). Questa definizione è in relazione con il secondo effemeride (tavole per i movimenti celesti) che, a sua volta, risulta essere una frazione di 1 su 31.556.925,9747 del tempo impiegato dalla Terra a compiere un’orbita completa attorno al Sole alla data del 1 gennaio 1900. L’introduzione dell’orologio atomico ha fornito una misura soddisfacente della durata del giorno (precisione di 10-9 s/giorno) e ha permesso di rilevare un allungamento nel periodo di rotazione della Terra nel tempo confermando quanto già rilevato dalle osservazione astronomiche sui corpi celesti (le loro posizioni non erano dove previsto). Dal 1900 il giorno si è allungato annualmente mediamente di circa 20 milionesimi di secondo; dopo il 1900 ogni anno risulta essere più lungo di 0,0073 secondi. Dopo 100 anni il ritardo accumulato per anno è di 0,73 secondi, tempo che è necessario aggiungere all’orologio atomico perché resti sincronizzato con la rotazione terrestre (il che non significa che ogni anno si allunga di 0,73 secondi perché, per tale tempo, servono ancora 100 anni!). Per questo motivo, per mantenere entro un certo range la differenza del tempo atomico con il tempo solare, si aggiunge, solitamente al 30 giugno o al 31 dicembre di ogni anno (mediamente ogni 18 mesi) ma si potrebbe anche sottrarre, il cosiddetto secondo intercalare, leap second. L’anno dopo, il tempo solare è ancora più lungo di 0,73 secondi o, meglio, se la progressione fosse lineare, sarebbe più lungo di 0,73 secondi (quelli accumulati in 100 anni) + 0,0073 secondi (quelli accumulati  nell’anno) = 0,7373 secondi mentre, dopo 10 anni, l’anno si è allungato di 0,803 secondi:   
[10] In modo del tutto simile un pattinatore che ruota su sé stesso con le braccia alzate verso l’alto perde velocità nel momento in cui le apre in posizione croce.
[11] Per essere così vicino alla Terra in 420 milioni di anni la velocità di avvicinamento media per anno deve essere di 48 cm/anno che, in verità, pare una velocità eccessiva. È anche lecito chiedersi se la Luna sia mai stata così vicina alla Terra a tal punto da rischiare la frantumazione a causa dell’effetto mareale. Per arrivare dalla attuale distanza a quella del limite di Roche, ad una velocità costante di 3,8 cm/anno servirebbero circa 9 miliardi di anni: quasi due volte l’età del sistema solare… 

Nessun commento:

Posta un commento