La forza di
gravità diminuisce all’aumentare della distanza dal centro di massa del corpo –
dal comune centro di massa dei corpi – e qualsiasi oggetto è attratto con una
intensità diversa ai due estremi della sua estensione nella direzione della
congiungente. La conseguenza è che sulla Terra un corpo subisce una sorta di stiramento dovuto al differente valore
della gravità esercitata nella sua parte più vicina rispetto a quella più
lontana. È evidente che se l’altezza o il diametro del corpo è trascurabile
rispetto al raggio terrestre questo allungamento
risulta essere impercettibile ma, per campi gravitazionali particolarmente
intensi e/o dimensioni non insignificanti, tale situazione, definita effetto mareale, dovuta appunto alla
differente distanza della superficie dei corpi dal centro di massa, deve essere
considerata.
L’attrazione
gravitazionale tra la Terra e la Luna che vale
1,98*1020 Newton corrispondente
ad un peso, sulla superficie della Terra, di
1,98*1020 Newton/9,8
ms-2= 2,02*1019 kg. [1]
Esasperando
il concetto possiamo calcolare la differenza che esiste ai due estremi della
Luna ipotizzando dapprima la sua massa come tutta posizionata nella parte più
vicina e successivamente quella più lontana rispetto alla Terra. La differenza
risulta essere pari ad una trazione di 731.185 miliardi di tonnellate. [2]
La
parte della Luna più vicina alla Terra è attratta dunque più intensamente della
parte più lontana perché più vicina al centro di massa del sistema; questo
fatto determina uno stiramento nella forma della Luna rendendola più simile ad
un ellisse con il semiasse maggiore rivolto verso la Terra. Ma oltre a mostrare
un rigonfiamento proprio nel diametro verso la Terra la diversa intensità con
la quale la Luna è attratta la costringe anche a rivolgerci sempre la stessa faccia. [3]
Naturalmente
l’effetto mareale vale anche in senso opposto e la Terra sente la differente forza gravitazionale esercitata dalla Luna sulla
sua massa liquida – che è la parte più soggetta a deformazione – e l’acqua
degli oceani (ma non solo quella), assecondando questo effetto, si sposta in modo apprezzabile verso la
parte più vicina alla Luna. È comunque il moto rotatorio della Terra che consente
di avere, sulle coste, un innalzamento e un abbassamento del livello del mare (in
realtà le maree degli oceani terrestri sono influenzate dalla posizione
Terra-Luna-Sole).
Una
semplice relazione calcola direttamente la forza esercita dall’effetto di marea
considerando la massa e la distanza tra due corpi ma anche le loro dimensioni,
ovvero il rapporto tra l’estensione del corpo e la distanza dal centro di massa:
F
= (4GmMr)/d3
con G
la costante gravitazionale, m la
massa del corpo che subisce l’effetto mareale, M la massa del corpo che determina l’effetto mareale, r il raggio del corpo che subisce
l’effetto mareale e d la distanza dal
centro di massa.[4]
Per
la Luna otteniamo un valore di 731.066 miliardi di tonnellate, confrontabile
con quello calcolato precedentemente. È lecito allora chiedersi fino a che
punto la Luna sopporterebbe l’azione differenziata della forza gravitazionale
terrestre; in altre parole, la Luna, prima di arrivare a contatto con la
superficie terrestre, si frantumerebbe? Questo limite è stato calcolato; un
satellite deve mantenere un’orbita di almeno 2,44 volte il raggio del pianeta
attorno al quale gravita per evitare l’azione irreversibile dell’effetto
mareale.[5]
Ecco
la distanza minima, detto limite di Roche (A.E. Roche, 1849-1850), al di sotto del quale le forze di marea
disintegrano un corpo satellite vincendo le forze elettromagnetiche di coesione
(gli anelli di saturno non riescono a fondersi
in un unico satellite proprio perché al di sotto del limite di Roche).
Le conseguenze distruttive dell’effetto di
marea potrebbero essere subite anche da oggetti da limitate dimensioni che si
avvicinano a corpi di piccolo diametro ma con grande massa quale le stelle di
neutroni. La differente accelerazione gravitazionale sugli estremi di un
piccolo corpo (come un’astronave o, ancor peggio, un uomo) sarebbero comunque irreparabili.
Verifichiamo gli effetti mareali su un uomo alto 2 m e del peso di 100 kg posto,
rispettivamente, sulla superficie della Terra, sulla superficie del Sole e
sulla superficie di una stella di neutroni. [6]
L’uomo
sarebbe soggetto ad uno stiramento, ad una forza, di 0,063 g sulla Terra, di 0,016 g sulla superficie del Sole (circa ¼ di quella
sulla terra) e di oltre 35.000 miliardi di kg
su una stella di neutroni.
Ad
una distanza di 17.200 m dalla stella
di neutroni, distanza del limite di Roche, la forza mareale esercitata su un
uomo sarebbe circa 869 miliardi di kg
mentre, ad una distanza 200 volte superiore (3.440 km) la differente trazione tra le due estremità dell’uomo sarebbe solo di circa 109.000 kg.
È evidente che,
nell’immensità del cosmo, la forza mareale gioca un ruolo determinante e le
stelle o gli oggetti che transitano troppo vicino ad intensi corpi
gravitazionali possono stirarsi a tal
punto da sfarinarsi (effetti osservabili
delle forze di marea da parte della nostra galassia si hanno nella zona della Grande
Nube di Magellano).
Torniamo agli effetti delle maree sul sistema Terra-Luna. Il nostro pianeta ruota sul
proprio asse in un giorno mentre il nostro satellite ruota attorno alla Terra
in quasi 28 giorni. La Luna esercita un’azione frenante sulla Terra che, di
contro, tende ad aumentare la velocità orbitale della Luna. Da un lato le masse oceaniche in
movimento creano attrito e, soprattutto, creano una protuberanza sulla quale il nostro
satellite esercita una maggior attrazione causando un’ulteriore azione di freno
rallentando la rotazione terrestre ma, dall’altro, la maggior velocità di rotazione della
Terra e lo spostamento della massa dell’acqua oceanica tendono a far aumentare
la velocità di rivoluzione del nostro satellite che, per mantenere costante il
valore del momento angolare Terra-Luna, è costretta ad aumentare il diametro
della sua orbita. [7]
La
prima conseguenza è dunque il rallentamento della rotazione terrestre sul
proprio asse. Ne segue che la durata di un giorno, diversi milioni di anni fa,
doveva essere sensibilmente più breve. L’allungamento dei giorni è di 2
millesimi di secondo al secolo e possiamo
calcolare – ipotizzando una decelerazione lineare – nell’arco di 100 milioni di
anni, un rallentato più di mezz’ora nell’arco delle 24 ore e un numero di 374
giorni per anno.[8]
Lo
studio dei fossili di corallo con 400 milioni di anni di età (periodo
Devoniano) sembra confermare tale rallentamento. In modo del tutto simile a
quanto accade per gli alberi anche nei coralli è possibile rilevare dei cerchi riferiti
alla crescita annuale. Sottili sporgenze di 50 micron all’interno dei cicli
annuali potrebbero rappresentare le linee di crescita giornaliere depositate
durante l’attività diurna dei coralli e, quindi, il loro conteggio indicherebbe
il numero di giorni nell’anno al tempo in cui il corallo era vivo. Mentre oggi
si contano 365 fasce (striature) nei fossili ritrovati se ne contano 400: il
giorno durava cioè circa 22 ore (J. Wells, 1963) con un numero di 402 giorni per
anno. [9]
La
seconda conseguenza dell’interazione Terra-Luna e che la Luna si allontana di
3,8 cm all’anno dalla Terra. [10]
In
linea teorica questa situazione si stabilizzerà quando tale distanza aumenterà
di 100.000 km rispetto ad ora, il
giorno terrestre coinciderà cioè con una lunazione e la sua durata sarà come 47
giorni attuali. Ma il tempo non sarà sufficiente perché ciò avvenga: il Sole, nella
sua fase conclusiva, con una
dimensione tale da inglobare la Terra l’avrà già incenerita.
Questo
per il futuro ma, di contro, andando a ritroso nel tempo, se la Luna allontana
significa che un tempo era più vicina alla Terra e la sua orbita doveva essere
compiuta in un numero di giorni inferiori a quelli attuali. Ancora ci vengono
in aiuto le conchiglie fossili, in questo caso del Nautilus pompilius, e di 420 milioni di anni (periodo Siluriano).
Tali conchiglie presentano 9 righe di accrescimento contro le 29 attuali e
corrisponderebbero ai giorni di lunazione con una distanza del nostro satellite
di 182.000 km (P. Kahn, S.M. Pompea,
1978). [11]
[1]
La distanza della Luna dal centro di massa è di 384.400.000 m, la massa della Terra è 5,97*1024 kg e la massa della Luna è 7,35*1022 kg. Tali
valori rendono possibile calcolare la forza esercitata tra la Terra e la Luna.
[2] Considerando
che il raggio della Luna è 3.475.000 m,
la
posizione più vicino risulta avere una forza di 2,0176*1020
N
mentre la parte più lontana esprime una forza di 1,946*1020 N. La differenza risulta essere di 7,1656*1018 N, cioè 731.185 miliardi di tonnellate!
[3] È questo un
tipico esempio di rotazione sincrona dove il tempo del periodo di rotazione
equivale al tempo del periodo di rivoluzione.
[4]
Il raggio della Luna è 0,009 volte la distanza dal centro di
massa (3.475.000 m / 384.400.000 m). Raddoppiando la distanza Terra-Luna
gli effetti di marea risultano diminuiti di 1/(2)2 poiché la forza
gravitazionale diminuisce con il quadrato della distanza, ma risultano ancora
dimezzati a seguito del nuovo rapporto del raggio della Luna rispetto alla
distanza dal centro di massa che risulta essere la metà (3.475.000 m / 768.800.000 m =
0,045) rispetto al valore iniziale di 0,009. La distanza ha quindi permesso di
diminuire di (1/(2)2)/(2) ovvero 1/(2)3 l’effetto marea.
Similmente, dimezzando la distanza, l’effetto marea aumenterebbe di (2)3
volte.
[5] Posto che i due
corpi abbiano la stessa densità. Il coefficiente di moltiplicazione, da
aggiungere, nel caso di diversa densità è la radice cubica del rapporto tra la
densità del pianeta e quella del satellite (3√dp/ds
con dp densità del pianeta e ds densità del satellite).
[6] Il
raggio e la massa della Terra, del Sole e di una stella di neutroni sono,
rispettivamente, 6.371.000 m e 5,97*1024 kg,
695.700.000 m e 1,98*1030 kg, 5.000 m e 5,97*1030 kg.
[7] Oltre alle
maree, altri effetti contribuiscono al rallentamento della rotazione terrestre
quali, ad esempio, i grandi terremoti, la differente distribuzione delle masse
nel nucleo interno – che ruota a velocità diversa rispetto al resto del pianeta
–, la fusione dei ghiacciai e la deriva dei continentali; anche l’acqua
raccolta nelle grandi dighe potrebbero influenzare il rallentamento della
rotazione terrestre.
[8] Il rallentamento per anno è 0,002/100 cioè 0,00002 secondi che moltiplicato per 100.000.000 anni produce 2.000 secondi, 33,33 minuti cioè 0,556 ore. Il
giorno durava 24-0,556 = 23,444 ore e
il numero di giorni in un anno è definito dalle ore in un anno diviso le ore in
un giorno: 8.760/23,44 = 374.
[9] In modo continuativo
ma irregolare la velocità di rotazione della Terra diminuisce nel tempo. La
durata di un secondo degli orologi
atomici corrisponde al numero di oscillazioni, alla
frequenza (di
9.192.631.770 Hz),
della radiazione emessa, in particolari condizioni, nella transizione tra due
livelli energetici dell’atomo di Cesio (133Cs). Questa definizione è
in relazione con il secondo
effemeride (tavole per i movimenti celesti) che, a sua volta, risulta essere
una frazione di 1 su 31.556.925,9747 del tempo impiegato dalla Terra a compiere
un’orbita completa attorno al Sole alla data del 1 gennaio 1900. L’introduzione
dell’orologio atomico ha fornito una misura soddisfacente della durata del
giorno (precisione di 10-9 s/giorno)
e ha permesso di rilevare un allungamento nel periodo di rotazione della Terra nel
tempo confermando quanto già rilevato dalle osservazione astronomiche sui corpi
celesti (le loro posizioni non erano dove previsto). Dal 1900 il giorno si è
allungato annualmente mediamente di circa 20 milionesimi di secondo; dopo il 1900 ogni anno risulta essere più
lungo di 0,0073 secondi. Dopo 100
anni il ritardo accumulato per anno è
di 0,73 secondi, tempo che è necessario aggiungere all’orologio atomico perché
resti sincronizzato con la rotazione terrestre (il che non significa che ogni
anno si allunga di 0,73 secondi
perché, per tale tempo, servono ancora 100 anni!). Per questo motivo, per mantenere
entro un certo range la differenza del tempo atomico con il tempo solare, si
aggiunge, solitamente al 30 giugno o al 31 dicembre di ogni anno (mediamente
ogni 18 mesi) ma si potrebbe anche sottrarre, il cosiddetto secondo intercalare, leap second. L’anno dopo, il tempo
solare è ancora più lungo di 0,73 secondi o, meglio, se la progressione fosse
lineare, sarebbe più lungo di 0,73 secondi
(quelli accumulati in 100 anni) + 0,0073 secondi
(quelli accumulati nell’anno) = 0,7373
secondi mentre, dopo 10 anni, l’anno si è allungato di 0,803 secondi:
[10] In modo del tutto simile un pattinatore che ruota su
sé stesso con le braccia alzate verso l’alto perde velocità nel momento in cui
le apre in posizione croce.
[11] Per essere così
vicino alla Terra in 420 milioni di anni la velocità di avvicinamento media per
anno deve essere di 48 cm/anno che, in verità, pare una velocità eccessiva. È
anche lecito chiedersi se la Luna sia mai stata così vicina alla Terra a tal
punto da rischiare la frantumazione a causa dell’effetto mareale. Per arrivare
dalla attuale distanza a quella del limite di Roche, ad una velocità costante
di 3,8 cm/anno servirebbero circa 9
miliardi di anni: quasi due volte l’età del sistema solare…
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